FLASH GORDON
UN MONDO SCONOSCIUTO

Il 7 gennaio 1934 i lettori dei supplementi domenicali dei giornali nordamericani (e dal 14 ottobre dello stesso anno, giorno di uscita in edicola del nuovo settimanale “l’avventuroso”, anche i giovani italiani, che ne rimiravano la prima pagina rutilante di colori titolata “La distruzione del mondo!!”) si trovarono a bordo, per mano di Alex Raymond, di un aereo abbattuto da un meteorite staccatosi da un corpo celeste, il pianeta Mongo, in rotta di collisione con la terra. E anch’essi si paracadutarono, insieme a due passeggeri, un laureato a Yale e rinomato campione di polo (in Italia spacciato per ufficiale di polizia), Flash Gordon, e un’impaurita fanciulla di rara avvenenza, Dale Arden. Presero terra presso un laboratorio, dove uno scienziato barbuto e stempiato in preda ad un forte esaurimento nervoso provocato da superlavoro mentale, il dottor Hans Zarkov (da noi ribattezzato “tout court” Zarro), aveva costruito un razzo destinato alla navigazione interplanetaria ben prima dell’allunaggio di Neil Armstrong ed Edwin Aldrin del 20-21 luglio 1969 che sarà anch’esso vissuto da quei lettori con commozione di indescrivibile intensità. Una volta tanto un sogno si era realizzato!
Da quel momento prese il via quello che si può definire uno stupefacente poema epico cavalleresco incentrato su due temi: le esplorazioni di mondi sconosciuti e il conflitto tra il Male, incarnato da Ming lo spietato imperatore di Mongo, e il Redentore (non appaia sacrilegio ma si guardino le tavole del novembre 1937 - gennaio 1938), venuto da un altro mondo nella persona di Flash Gordon.
Ci si trova subito immersi in un’atmosfera di tirannia mongola trasferita nel basso impero romano, dove costumi e uniformi sono uno strabiliante amalgama di reminiscenze medievali e napoleoniche (ma le armi sono futuribili, mentre i pantaloni blu con banda gialla che Flash finirà con l’indossare sono quelli della cavalleria dell’Unione!) e dove c’è una sola grande metropoli, Mingo, la fiabesca capitale ultramoderna i cui edifici ricordano gli slanciati grattacieli di Manhattan e alcuni palazzi moscoviti, di stile pesantemente “realistico”, rimasti quasi tutti allo stato di progetto.
Le prime avventure - nel corso delle quali Flash fa la conoscenza della figlia di Ming, la principessa Aura, che perde la testa per lui (mentre Dale ha il suo daffare per sottrarsi alle attenzioni del despota), e del principe, poi re, Barin, vassallo di Ming e innamorato (poi sposo) di Aura - sono pervase, anche graficamente, da una forte carica di “Sturm und Drang”: i nostri eroi si trovano, senza respiro, alle prese con uomini leone, draghi, uomini marini, dischi volanti, tigri cornute dai denti a sciabola, lupi corazzati e uomini falco che, sudditi del re Vultan, abitano in una città tenuta sospesa nello spazio da abbaglianti colonne fotoniche. A questo punto la passione estetica di Raymond per le curve sinuose e le volute in stile autenticamente barocco ha la meglio e, raggiunto il culmine nel 1937, durerà fino al 1940, sfumando in uno stile sontuoso eppure classicheggiante: sono i tempi dell’appassionante torneo della morte, della conquista del regno delle caverne, abitato da trogloditi e uomini lucertola, su cui regna la maga Azura, delle spettacolari battaglie tra le armate di Gordon e quelle di Ming, della forzata permanenza nel mondo sottomarino, del lungo vagabondaggio nelle foreste di Mongo, della permanenza in Arboria, su cui regnano ormai Barin e Aura, dell’esecuzione di Flash (che tuttavia tornerà a nuova vita), della ribellione degli uomini liberi, delle nozze di Ming che fa prontamente giustiziare la sposa) e, infine, del viaggio nel fantastico regno delle nevi. Ormai i campi lunghi e anche i primi piani, caratterizzati dalla quadridimensionalità (l’autore fu sempre maestro nel suggerire l’idea di movimento) e dalle ardite angolazioni delle immagini, sono intervallati da primissimi piani assai espressivi in cui Raymond appare risentire delle illustrazioni eseguite per le riviste eleganti dell’epoca: sono i tempi della rivolta che si scatena nella città di Mingo, della vittoria sul Male, del temporaneo ritorno sulla Terra (per combattere un ancora ipotetico aggressore degli Stati Uniti) e del lunghissimo (due anni!) vagabondaggio sul continente di Tropica.
Poi l’artista passò la mano: sulla Terra, non su Mongo, il conflitto mondiale era entrato nella sua fase, per fortuna l’ultima, più devastante.
Ora gli appassionati italiani possono finalmente ammirare per la prima volta in tutto il loro splendore, così com’erano, nel tratto e nei colori, oltre mezzo secolo fa, le tavole illustrate del sommo maestro che la Comic Art ha ripreso, per gentile concessione della famiglia Raymond, direttamente dalle “prove al torchio” dell’epoca.

UN GORDON DIVERSO
L’11 maggio 1946 fece la sua apparizione, sul n. 586 di “Topolino”, una storia non firmata di Flash Gordon (“Gordon nel pianeta Mongo”), che sconcertò gli appassionati gordoniani del tempo. La mano era evidentemente la stessa delle tavole del 1944 da poco (6 gennaio 1946) apparse su “L’Avventura”, ma ne rimanevano sconosciuti l’autore e il periodo di pubblicazione in America.
Occorsero anni per poter attribuire l’opera ad Austin Briggs, e per individuarla come parte (dal 12 settembre 1940 al 23 agosto dell’anno successivo) della sequenza (“Flash Gordon on the Planet Mongo”) - dal K.F.S. annunciata come realizzazione di Alex Raymond - di strisce giornaliere dal 27 maggio 1940 al 3 giugno 1944 si dovette aspettare la pubblicazione degli albi “Gordon” (nn. 17-31) editi nel 1965 dai F.lli Spada.
Ma è soltanto con i volumi della Comic Art che è finalmente possibile gustare la struttura originale delle strisce e l’eleganza, purtroppo discontinua, del tratto di Austin Briggs che non manca tuttavia di sottolineare gli effetti di “space opera” dell’insieme e, come ha sottolineato Maurice Horn, il conflitto manicheo tra la Luce, l’eroe divinizzato morto e poi risorto, e le potenze delle Tenebre, simboleggiate da Ming, personificazione del male assoluto.
Degno di nota è in queste “daily strips” il ripetersi di situazioni già incontrate nelle “weekly pages”, come l’incendio della grande foresta da parte degli aerorazzi di Ming, la formazione di un gruppo di uomini liberi, ancorché qui esemplificati da una banda di “evasori” al predace fisco dell’imperatore, e la cattura di Dale Arden da parte dello stesso ( proprio da qui prende le mosse il brano pubblicato su “Topolino”); scontato è, purtroppo, l’equivoco in cui cade Dale, che crede Flash innamorato della principessa Lita. Tra le variazioni a temi già trattati nelle domenicali, assai interessanti sono, invece, tanto gli schermi di raggi polarizzanti - che celano bensì il Paese di Lita ma deviano anche i raggi luminosi dagli antropofagi uomini scimmia ingannando così i loro avversari sulla reale posizione dei cannibali - quanto gli uomini uccello (comandati da Hawkon, che sarebbe come dire Falcone!) che, propulsi da motori atomici, volano a mezzo di ali retrattili simili a quelle di alianti. Del tutto nuova ci sembra, infine, la situazione di Zarkov che, fin lì assente dalle strisce, il 5 ottobre 1940 riesce a farsi strada, alla maniera dell’abate Faria, fino alla segreta in cui è rinchiuso Flash.

UN ASTRONAUTA DEL FUTURO

Dopo una “vacanza” durata oltre sette anni, il 19 novembre 1951 vide la luce una seconda serie di strisce giornaliere dell’immortale Flash Gordon, della quale divenne titolare - come pure, ufficialmente, della versione domenicale dello stesso “character, ereditata nel 1967 alla morte di Emanuel “Mac” Raboy - uno dei massimi artisti mai espressi dalla “comic art”: Dan Barry.
Questi, dotato di un bel disegno realistico a tratto pieno, curatissimo nei dettagli, usa tutti i tipi di inquadrature cinematografiche, dai campi lunghissimi ai totali, dalle figure intere ai primi piani, riprese anche in controcampo o con diversa angolazione, e “monta” 1e immagini in modo da diminuirne le ellissi di tempo - allo scopo di migliorare l’illusione del movimento, pur lasciandone il riempimento all’immaginazione del fruitore - preoccupandosi al contempo di “staccare” maggiormente i cambiamenti di spazio. Dan Barry, insomma, ha dimostrato di essere, in assoluto, il migliore tra i successori gordoniani del grande Alex Raymond, del quale ha pienamente assimilato la lezione grafica.
E c’è di più: mentre non trascurò di avvalersi della collaborazione di artisti del calibro di Al Williamson, Frank Frazetta, Sy Barry, Paul Norris, Leonard Starr, Wallace Wood, Jack “King” Kirby, Jack Davis, Roy G. Krenkel, Joe Giella, Mike Sekowsky, Russ Heath e Will Elder, Dan Barry ha dato vita ad uno staff di assistenti fissi di elevato valore artistico, come Fred Kida, Ric Estrada e soprattutto l’eccellente Bob Fujitani (noto altresì sotto gli pseudonimi di Fuje e Bob Wells), i quali si sono spessissimo sostituiti al maestro. Fujitani, anzi, firmava le “weekly pages” e le strisce giornaliere di cui era coautore dall'11 novembre 1969.
Ma se il nuovo Gordon resta graficamente, pur con l’eliminazione di ogni compiaciuto manierismo, sulla linea di quello “antico”, di Raymond, assai diversa è l’impostazione letteraria che lo stesso Barry e gli sceneggiatori Larry Shaw e Harvey Kurtzman hanno voluto conferire alle imprese del “character”: ridottane la carica fiabesco-mitologica di “fantasy”, la “space opera” raymondiana si è trasformata in un seguito di avventure di pura fantascienza. Flash Gordon è ormai un vero e proprio astronauta di un tempo prossimo venturo, il quale, alle dipendenze del World Space Control Center, vagabonda nello spazio e talora anche nel tempo o addirittura in universi paralleli, colonizzando mondi, deviando meteoriti di antimateria, realizzando nuovi satelliti artificiali, lottando contro robot alieni e contro i due simpatici ed infingardi briganti spaziali Kozy e Skurvy, e perfino trovandosi alle prese col figlio del suo antico nemico Ming.
Nelle sue peregrinazioni Flash è spesso in compagnia dei cadetti dell’accademia spaziale Ray Carson, MikeMicroboRoberts, Bertraam Brogan detto “Bum-Bum” e WilliamWillieCasey, dotato di poteri psico-mentali extranormali. Già, perché i suoi antichi compagni d’avventura latitano spesso da strisce e tavole: Dale Arden, persa la sua aria “lagnosa”, ha un comportamento alquanto pi? spigliato che nei primi due decenni del “serial”, tanto da lasciare, sia pure temporaneamente, il suo Flash per un altro uomo, mentre Hans Zarkov, impegnato in severe ricerche alla School of Extraterrestrial Studies, ha trovato una figlia, la ventenne Zara avuta da una donna ch’egli aveva sposata prima conoscere Flash e Dale e che era fuggita da lui, come al solito troppo impegnato col lavoro.
Dal 12 maggio 1986 le illustrazioni gordoniane non sono più firmate da Fujtani, sostituito nel tempo da André Le Blanc, Frank Giacoia, Dell Barras, e dal 23 aprile 1990 per le strisce giornaliere e dal 10 maggio dello stesso anno per le tavole domenicali anche Barry ha lasciato la mano a Bruce Jones, Reese e Gray Morrow, a loro volta sostituiti (12 agosto 1991) da Thomas Warkentin.


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